Smettiamo di parlare di ambiente e cominciamo ad agire: di GAIA ce n'è una sola !
- Una utrizionista per Amica
- 28 ago 2018
- Tempo di lettura: 3 min

Si moltiplicano da più parti le iniziative per sensibilizzare l'opinione pubblica a diversi stili di vita che siano in grado di sviluppare comportamenti virtuosi verso l'ambiente e tutto ciò che ne fa parte. Le amministrazioni locali ai livelli più bassi, le associazioni, le fondazioni private, anche la scuola si danno tutti da fare per ideare eventi o situazioni formative-ricreative declinate in vario modo sui temi più “caldi” delle questioni ambientali. Nascono campi estivi con attività ludiche in cui si organizzano battute per la raccolta differenziata, fine settimana a tema e gite di gruppo per eliminare la plastica sui litorali; giornate dedicate alla flora e alla fauna locale come le belle iniziative dche recuperano animali offesi da varie condizioni restituendoli al loro ambiente; la realizzazione di orti in città per la tutela del verde e la “riforestazione” di aree urbane lasciate al degrado. Insommaquesto tipo di iniziative si moltiplicano sul nostro territorio nazionale , sono molte e tutte apprezzabili. Il punto però è che ahimè, il risultato in termini di cambiamento sostanziale è prossimo a zero.
Da quando di problemi ambientali si è cominciato a parlare seriamente (fine anni '80 primi anni '90...), la percezione e il comportamento collettivo generale sulle questioni ambientali non è altrettanto cambiato. Mi è bastato camminare in agosto su un lungo tratto di spiaggia in Toscana per rendermi conto di ciò che ancora siamo in grado di abbandonare dietro di noi. “Scorie” e rifiuti di ogni tipo e quel che è peggio senza alcuna evidente consapevolezza del diverso impatto ecologico dei rifiuti abbandonati. Al primo posto mozziconi di sigarette con il loro "filtrino malefico" che impiega circa 10 anni per decomporsi e poi sacchetti e sacchettini di ogni tipo; tanta plastica fluttuante in mare, piccoli stracci, veli sottili, bottigliette. Ho pensato alla questione dei pesci e delle microplastiche che finiscono nel loro stomaco e che poi anche noi finiamo per ingerire; è di pochi giorni fa la notizia apparsa su un noto quotidiano nazionale che la plastica ha fatto la sua comparsa perfino nelle acque ghiacciate del polo nord. Penso anche all'inerzia con la quale ancora non ci muoviamo per aggredire in concreto le questione legate all'emissione della CO2 e del microparticolato (polveri sottili) nelle città. Sono stata a Londra e là già molte auto sono ibride, combinano cioè motore termico a motore elettrico e quindi sono molto più ecologiche. Oramai sono disponibili sul mercato e più che collaudate. Sappiamo che l'incidenza delle polveri sulla qualità dell'aria che respiriamo è massima e rappresentano la principale causa di malattie cardiorespiratorie, broncopolmonari e asmatiche, per non parlare dei tumori. La stessa cosa si può dire per l'emissione della CO2 causata delle auto. Abbiamo l'alternaiva ma dobbiamo decidere di utilizzarla.
E' finito il tempo delle parole e della retorica sull'ambiente. Ora è il momento dell'azione perchè gli strumenti ci sono. Solo leggi e norme chiare e rispettate da tutti possono infine trasmettere un messaggio educativo che non lasci spazio all'opinabile, al puro volontariato. Il cambiamento in un paese lo fanno le leggi che si impone e la sua capacità di aderirvi con responsabilità. Per tornare agli esempi sopra: se le spiagge vengono lasciate sporche, potrebbe essere aggiunta una tassa al parcheggio giornaliero proporzionale al livello di inquinalmento e di sporcizia che la spiaggia deve smaltire a causa dei suoi utilizzatori. Le spiaggie virtuose costerebbero meno, quelle sporche di più. Per l'emissione di nanoparticelle e CO2 potrebbero essere adottate campagne di promozione di massa in cui si incentivano le auto ibride o elettriche con abbassamento dei costi di bollo a scapito di quelle convenzionale. Potremmo anche decidere che ogni città debba contenere in quota stabilite il numero di auto ad energia ibrida o elettrica e quelle a combustibile convenzionale, in accordo al grado di sostenibilità ambientale che deve raggiungere e che potrebbe essere stabilito con parametri oggettivi. La plastica in mare entra nella catena alimentare: vietiamo la produzione di altra plastica e continuiamo ad utilizzare quella che c'è tramite la raccolta differenziata. Riciclare e utilizzare solo le plastiche biodegradabili dovrebbe diventare la regola. Adottiamo strumenti economici di sgravio e/o incentivi per i paesi che si impegnano alla raccolta e smaltimento delle plastiche in mare. I governi insieme alle amministrazioni locali devono muoversi ma noi cittadini forse dovremmo cominciare a pretendere che lo facciano. Il tempo del coraggio è ora e di Gaia ce n'è una sola!




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