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Grani antichi e grani moderni : non facciamo di ogni erba un fascio

Aggiornamento: 28 set 2023


spighe di grano e avena

Ultimamente sono stati pubblicati post di varia provenienza che riportano informazioni relative al confronto tra grani antichi e moderni, le loro caratteristiche nutrizionali e la celiachia. In particolare si analizzano sia il contributo nutrizionale di queste varietà sia la tossicità del loro glutine per coloro affetti da morbo celiaco concludendo che tali varietà sono nutrizionalmente equivalenti, assimilando il concetto di tossicità al glutine a tutto ciò che glutine non è (e comunque anche tralasciando differenze che, seppure non interessando i celiaci, sono presenti perfino nel contenuto di glutine). Partirei quindi dall’affermazione inconfutabile che il morbo celiaco non è mai compatibile con alcuna tipologia di cereale contenente glutine ovvero col glutine e che quindi, chi soffre di questo morbo, deve obbligatoriamente astenersi dal consumarlo, di qualsiasi provenienza sia. Una dieta rigorosamente priva di glutine infatti è, per questi soggetti, il solo modo per non incorrere in complicanze e patologie più serie legate alle conseguenze della reazione infiammatoria che il glutine scatena al livello della mucosa intestinale.

D’altra parte non è corretto affermare che varietà antiche e moderne di grano siano nutrizionalmente equivalenti e che non vi siano differenze biologiche (e quindi genetiche) significative. Sappiamo infatti che a partire dagli inizi del 1900 sono cominciate estese campagne volte ad aumentare l’efficienza del grano sotto vari aspetti: migliorarne la resistenza agli agenti infettivi, anticipare la fioritura delle spighe, renderlo più avido di azoto fino a ridurne l’altezza dello stelo per impedirne l’allettamento. Questo lungo lavoro di ibridizzazione ha portato nel tempo anche ad intervenire sul profilo proteico del chicco con lo scopo di renderne il contenuto più adatto a tutti i processi di panificazione e trasformazione. Proprio riguardo a questo si deve ricordare che tanto più una farina è forte e tanto più sarà adatta ad essere lievitata potendo dare prodotti con un elevato potere di panificazione. Questa forza che si indica con la lettera W e l’elevato potere lievitante, dipendono dal contenuto di alcune proteine dette prolammine responsabili della formazione del glutine sotto l’azione dell’acqua e della lavorazione meccanica. Dunque farine più adatte alla panificazione cioè più forti avranno alla fine anche un maggior contenuto di glutine. Inoltre sappiamo che le varietà ancestrali come ad esempio il farro monococco, si distinguono per un contenuto e una qualità di glutine meno “tossica” dovuta alla minore componente gluteinica responsabile della reazione immunogena scatenata dal glutine(1). Quanto descritto riguarda tutte le tipologie ancestrali come il Triticum monococco, dicocco, spelta e grano Khorosan le quali sono rimaste invariate negli ultimi 100-150 anni resistendo ai trattamenti di ibridizzazione e tra cui troviamo anche Senatore Cappelli, Gentil Rosso, Verna, varietà con rese abbastanza bassa tra il 30-60%. Ulteriori informazioni provengono da altri studi che confermano sia il diverso potere immunogeno e immuno tossico delle gliadine nei diversi genotipi sia altre qualità nutrizionali che non riguardano il glutine. Studi in vitro hanno evidenziano nei genotipi arcaici una minore immunogenicità rispetto agli ibridi moderni ed un diverso profilo biochimico relativamente a micronutrienti come sali minerali, polifenoli, fibra e acidi grassi essenziali (2).

In conclusione possiamo affermare più correttamente che, seppure è innegabile la necessità di evitare il glutine per chi è affetto da morbo celiaco a prescindere dal genotipo e dalle caratteristiche nutrizionali della varietà presa in esame, senza distinzione, d’altra parte risulterebbe una semplificazione eccessiva e non fondata sui dati disponibili, affermare che le varietà antiche rispetto alle moderne sono equivalenti, sia dal punto di vista genetico che biologico, non rivestendo quindi alcun contributo nutrizionale degno di nota in una sana alimentazione rispetto alle varietà attuali. Cosa che in realtà sappiamo non essere vera.


I riferimenti bibliografici riportati originano numerosi altri riferimenti che non vengono elencati per praticità.


1) (Pizzuti, D.; Buda, A.; D'Odorico, A.; D'Incà, R.; Chiarelli, S.; Curioni, A.; Martines, D., 2006. Lack of intestinal mucosal toxicity of Triticum monococcum in celiac disease patients. Scandinavian Journal of Gastroenterology 41 (11): 1305- )


2) (www. Sciencedirect.com/Journal of Nutritional Biochemistry 52 (2018) 1-9 - Review: Ancient wheat species and human health: Biochemical and clinical implications)



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